logo dell'associazione

logo dell'associazione

R. Kennedy - Sogno cose che non sono state mai. Discorsi 1964-1968




domenica 13 gennaio 2013 legge Luigi Spina
Per il ciclo
Saggio chi legge
alla libreria Coop Zanichelli
Il testo di partenza:
Robert F. Kennedy, Sogno cose che non sono state mai. Discorsi 1964-1968, a cura di Giovanni Borgognone, prefaz. di Kerry Kennedy, Einaudi Torino 2012.
Dalla recente raccolta dei discorsi di Bob Kennedy, leggeremo quello per la morte di Martin Luther King, che contiene una citazione dell’Agamennone di Eschilo. Partendo dall’uso dei classici e dei modelli politici greci e romani nell’era dei Kennedy, faremo il punto sul valore della retorica come dialogo fra le culture e sul rapporto tra discorso e potere.



La morte di Martin Luther King
Il 4 aprile 1968 Kennedy aveva appena iniziato la propria campagna per le primarie nell’Indiana, recandosi in diversi campus, quando, pochi istanti prima di imbarcarsi sull’aereo che l’avrebbe portato a Indianapolis, ricevette la notizia che Martin Luther King, in quei giorni a Memphis, era stato gravemente ferito da una pallottola alla testa. Già sulla base di un breve resoconto dell’attentato, Kennedy temette fortemente che il reverendo non sarebbe sopravvissuto. E infatti, a Indianapolis, gli fu comunicata la morte di King. A questo punto si sarebbe potuto rivelare rischioso proseguire nel programma elettorale, che prevedeva un comizio nel cuore del ghetto della città. Il sindaco e il capo della polizia, date le circostanze, ritenevano inopportuna la sua presenza nel potenziale epicentro di una nuova ondata di violenze. Egli non volle, tuttavia, modificare i suoi piani. Ad attenderlo vi era circa un migliaio di persone. Improvvisò il proprio discorso esordendo, con voce commossa, dal drammatico e doloroso annuncio della morte di King. Nessun altro leader politico bianco, quella sera, si sarebbe potuto rivolgere a una folla di neri.

7. La campagna elettorale di Robert Kennedy fu un momento straordinario nella storia della politica statunitense. Nell’Indiana egli riuscì a mobilitare i neri come non era mai accaduto ad alcun leader politico bianco. A poche ore dall’assassinio di Martin Luther King, Kennedy, avvolto nel suo cappotto, con il viso teso e pallido, parlò alla gente del ghetto di Indianapolis, con angoscia ma anche con fermezza. E il giorno seguente, a Cleveland, le sue parole tornarono a denunciare efficacemente l’inaccettabilità di ogni forma di violenza, inclusa quella rappresentata dall’indifferenza della società e delle istituzioni.

* * *
Indianapolis, Indiana – 4 aprile 1968
Ho una brutta notizia per voi, per tutti i nostri concittadini e per tutte le persone nel mondo che amano la pace: questa sera hanno sparato a Martin Luther King e l’hanno ucciso. Martin Luther King ha dedicato la vita all’amore e alla giustizia per i suoi fratelli esseri umani, ed è morto a causa di tale impegno.
In questo giorno difficile, in questo tempo difficile per gli Stati Uniti, è forse bene domandarci che tipo di nazione siamo e in che direzione intendiamo muoverci. Per quelli di voi che sono neri – considerando il fatto che è certa la presenza di bianchi fra i responsabili dell’attentato -, voi potete benissimo essere pieni di amarezza, di odio e di desiderio di vendetta. Noi, come paese, possiamo muoverci in questa direzione, verso una netta polarizzazione: i neri fra i neri e i bianchi fra i bianchi, pieni di odio gli uni verso gli altri.
Altrimenti possiamo sforzarci, come ha fatto Martin Luther King, di capire e di comprendere, e di sostituire quella violenza, quella macchia sanguinosa che si è diffusa nella nostra patria, con uno sforzo di comprensione, con compassione e amore.
A quelli di voi che sono neri e sono tentati, di fronte a un atto così ingiusto, dall’odio e dalla diffidenza verso tutti i bianchi, posso solamente dire che in cuor mio provo il medesimo genere di sentimento. Ho avuto un familiare ucciso, ma è stato ucciso da un bianco. Dobbiamo però fare uno sforzo, qui negli Stati Uniti, dobbiamo sforzarci di capire e di andare oltre questi tempi così difficili.
Il mio poeta preferito è Eschilo, che ha scritto: «Anche nel sonno, ci stilla sul cuore la pena che non dà tregua al ricordo finchè, nella nostra ora più buia e contro il nostro stesso volere giunge la saggezza per l’arcana grazia del Dio».
Ciò di cui abbiamo bisogno negli Stati Uniti non è la divisione, ciò di cui abbiamo bisogno negli Stati Uniti non è l’odio, di cui abbiamo bisogno negli Stati Uniti non è la violenza né l’illegalità; abbiamo invece bisogno di amore e di saggezza, di compassione gli uni verso gli altri e di un senso di giustizia verso coloro che ancora soffrono nel nostro paese, siano essi bianchi oppure neri.
Pertanto vi chiedo stasera di tornare a casa e di dire una preghiera per la famiglia di Martin Luther King: questo è certo, ma vi chiedo ancor più di dire una preghiera per il nostro paese, che noi tutti amiamo, una preghiera per quella comprensione e quella solidarietà di cui ho parlato.
Possiamo fare molto in questo paese. Avremo momenti difficili; abbiamo avuto momenti difficili in passato; avremo momenti difficili in futuro. Questa non è la fine della violenza; non è la fine dell’illegalità; non è la fine del disordine.
Tuttavia la grande maggioranza dei bianchi e la grande maggioranza dei neri in questo paese vogliono vivere insieme, vogliono migliorare la qualità della loro vita e vogliono giustizia per tutti gli esseri umani che dimorano nella nostra terra.
Dedichiamoci a ciò che i greci scrissero tanto tempo fa: a domare la ferocia dell’uomo e a rendere mite la vita di questo mondo.
Dedichiamoci a questo, e preghiamo per il nostro paese e per il nostro popolo.

Per ampliare: bibliografia e sitografia

Ascoltando Bob:
http://www.youtube.com/watch?v=E4fdvBiquiw (sottotitoli in italiano).
- Thurston Clarke, L’ultima campagna. Robert F. Kennedy e gli 82 giorni che ispirarono l’America, prefaz. di Furio Colombo, traduz. di Matteo Ceschi, il Saggiatore, Milano 2009 (ediz. orig. 2008).
Una biografia:
- Evan Thomas, Robert Kennedy: his life, Simon & Schuster Paperbacks, New York 2000.
Il (più) famoso discorso di John F. Kennedy:
- Thurston Clarke, Ask Not. The Inauguration of John F. Kennedy and the Speech That Changed America, Henry Holt and Company, New York 2004.
Un sito presidenziale:
http://www.jfklibrary.org   (JFK Presidential Library and Museum).

 I Kennedy fra Greci e Romani:
- L. Spina, Il traduttore alla tribuna, in AA.VV., Del tradurre, Antenore, Roma-Padova 2011, pp. 95-112.
- L. Spina, “The Glory of a Next Augustan Age”: fra Grecia e Roma nell’era dei Kennedy, «Paideia» 67, 2012, pp. 295-316.
- Maria Wyke, Caesar in the USA, University of California Press, Berkeley-Los Angeles-London 2012.
 _________________________________________
Discorsi e potere:
 - Arthur Miller, I presidenti americani e l’arte di recitare, traduz. di Elena Dal Pra, Bruno Mondadori, Milano 2004 (ediz. orig. 2001).
- Sam Leith, You talkin’ to me? Rhetoric from Aristotle to Obama, Profile Books, London 2011.
- Gabriele Pedullà (a cura di), Parole al potere. Discorsi politici italiani, Rizzoli, Milano 2011.